Chiara Angiolini: Adozione e valutazione in concreto dell’interesse del minore (Cedu, 20.1.2022, r. 60083/19)

Podcast
Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 20 gennaio 2022 – Ricorso n. 60083/19 – Causa D.M. e N. c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court’s database HUDOC.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE
CAUSA D.M. E N. c. ITALIA
(Ricorso n. 60083/19)

SENTENZA

Art. 8 • Vita familiare • Dichiarazione di adottabilità di una minore da parte delle giurisdizioni interne che hanno ritenuto che la madre non fosse in grado di esercitare il suo ruolo genitoriale e non avesse capacità genitoriali • Perizie non disposte • Allontanamento definitivo e irreversibile • Esistenza di soluzioni meno radicali • Nessuna considerazione della necessità di preservare, per quanto possibile, il legame tra madre e figlia • Madre in situazione di vulnerabilità • Motivi insufficienti • Assenza di proporzionalità.

STRASBURGO

20 gennaio 2022

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite dall’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa D.M. e N. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in una Camera composta da:
Péter Paczolay, presidente,
Krzysztof Wojtyczek,
Alena Poláčková,
Gilberto Felici,
Erik Wennerström,
Raffaele Sabato,
Lorraine Schembri Orland, giudici,
e da Renata Degener, cancelliere di sezione,

Visto il ricorso (n. 60083/19) proposto contro la Repubblica italiana da una cittadina cubana, la sig.ra D.M., che agisce anche in nome di sua figlia, N., («le ricorrenti»), che il 7 novembre 2019 ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),
Vista la decisione di portare il ricorso a conoscenza del governo italiano («il Governo»),
Vista la decisione di non rivelare l’identità delle ricorrenti,
Viste le osservazioni delle parti,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 7 dicembre 2021,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

1. Il ricorso riguarda la dedotta violazione del diritto al rispetto della vita familiare di una cittadina cubana («la prima ricorrente»), che agisce anche per conto di sua figlia («la seconda ricorrente») in ragione della successiva adozione di quest’ultima.

IN FATTO

2. Le ricorrenti, nate rispettivamente nel 1982 e nel 2012, risiedono a Brescia; sono state rappresentate dagli avvocati A. Di Stefano e A. Mascia, del foro di Ospitaletto e Verona.
3. Il Governo è stato rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, dell’Avvocatura dello Stato.

I. LA SITUAZIONE FAMILIARE DELLA PRIMA RICORRENTE

4. La prima ricorrente è la madre biologica della seconda ricorrente, ed è anche madre di altre due bambine nate rispettivamente nel 2002 e nel 2007 dal suo primo matrimonio. Le due bambine vivono attualmente con i nonni, la prima a Cuba e la seconda in Italia, e la madre ha contatti regolari con entrambe.
5. Dalla relazione tra la prima ricorrente e A.P. nacque la seconda ricorrente. Questa relazione finì nel 2014.
6. Nel 2015 la prima ricorrente intraprese una nuova relazione sentimentale con M.S., suo attuale marito, e nel 2018 diede alla luce il loro figlio, I. L’interessata e suo marito si occupano autonomamente del bambino senza alcun sostegno o intervento da parte delle autorità pubbliche.

II. L’ORIGINE DELLA CAUSA

7. Il 18 febbraio 2013 la prima ricorrente si presentò ai servizi sociali chiedendo aiuto e affermando che A.P. l’aveva maltrattata. Le due ricorrenti furono collocate in comunità a Brescia per circa un anno.

8. Il 22 febbraio 2013, il pubblico ministero, in virtù dell’articolo 333 del codice civile, avviò un procedimento nell’interesse della seconda ricorrente. Il tribunale ordinò il collocamento della minore e di sua madre presso una comunità e indicò ai servizi sociali di procedere ad una valutazione della loro situazione familiare. Il collocamento in questione fu prorogato e furono organizzati degli incontri con A.P. in ambiente protetto.

9. Con provvedimento del 14 gennaio 2014, il tribunale autorizzò le due ricorrenti a ritornare presso l’abitazione familiare e ordinò ai servizi sociali di offrire un sostegno ai genitori e un aiuto educativo alla minore.

10. Poco dopo, A.P. divenne di nuovo violento nei confronti della prima ricorrente.

11. Il 30 agosto 2014 il pubblico ministero chiese al tribunale di valutare le capacità genitoriali di entrambi i genitori e di disporre l’affidamento della minore.

12. Con decreto del 19 settembre 2014, il tribunale affidò la minore ai servizi sociali e la collocò in una idonea struttura con sua madre. Ordinò ai servizi sociali di predisporre un progetto a sostegno della genitorialità.

13. Il 13 ottobre 2014 la minore e sua madre furono sistemate in una struttura di accoglienza.

14. La prima ricorrente partecipò alle attività e ai corsi previsti dalla struttura e, a partire dal 1° gennaio 2015, trovò lavoro come addetta alle pulizie in un albergo. A partire dall’11 giugno 2015, il suo contratto di lavoro divenne un contratto a tempo indeterminato. L’interessata avrebbe chiesto al personale della struttura di occuparsi di sua figlia durante il suo orario di lavoro, e avrebbe anche dichiarato di aver chiesto aiuto a una coppia di amici anziani di origine egiziana che la figlia considerava i suoi «nonni».

15. La ricorrente ritrovò la sua indipendenza economica e chiuse definitivamente la sua relazione con A.P.

16. Qualche mese dopo, ebbe una breve relazione sentimentale con un uomo e poi, dopo aver interrotto questa prima relazione, iniziò una nuova relazione con M.S., che, dopo qualche tempo, sarebbe divenuto suo marito e padre di suo figlio.

17. Nella loro prima relazione del 1º dicembre 2014, gli assistenti sociali della struttura indicarono che la prima ricorrente aveva «dimostrato buone capacità rispetto alla gestione della quotidianità e della casa». Essi spiegavano che l’interessata aveva attivamente cercato un lavoro, e che l’aveva trovato immediatamente. Aggiungevano che esisteva un forte legame affettivo tra madre e figlia.

18. In due relazioni datate 8 e 23 giugno 2015, gli assistenti sociali della struttura indicarono che erano emerse alcune problematiche e, in particolare, che la prima ricorrente aveva delle modalità educative poco adeguate, cioè «utilizzo continuo del cellulare, consumazione dei pasti davanti alla televisione, poca tenuta di alcune routine quali ad esempio la messa a nanna nel primo pomeriggio» o il fatto di aver dato da mangiare alla bambina «riso freddo, succo di frutta e crocchette.» Inoltre, la relazione sottolineava il comportamento inappropriato dell’interessata che avrebbe pubblicato su Facebook delle foto «in pose provocanti» e che avrebbe voluto affidare sua figlia, durante il suo orario di lavoro, «a un uomo anziano, forse egiziano, che vive in un quartiere poco raccomandabile di Brescia». La relazione menzionava anche l’esistenza di un forte legame affettivo tra madre e figlia. Menzionava che quest’ultima era «molto legata alla madre che ricerca di continuo», ma precisava che «allo stesso tempo si relaziona con facilità alle persone che si prendono cura di lei».

19. Nel frattempo, i servizi sociali avevano raccomandato al tribunale di valutare l’ipotesi di collocare la seconda ricorrente in affido eterofamiliare.

20. Il 27 agosto 2015, gli operatori sociali della struttura trasmisero al tribunale una relazione in cui si faceva riferimento a informazioni fornite de relato da due persone, una mamma ospite della struttura a cui era stato definitivamente tolto il proprio figlio, e un uomo. Queste due persone avrebbero affermato di aver avuto, in diversi momenti, dei rapporti sessuali con la prima ricorrente in presenza della seconda ricorrente che, tuttavia, sarebbe stata in un’altra stanza della struttura o stava dormendo. Solo l’uomo fu sentito dagli operatori della struttura. Infine, gli assistenti sociali riferivano altre informazioni fornite da un’altra madre ospite della struttura, secondo le quali la seconda ricorrente avrebbe chiesto a sua figlia di toccare le sue parti intime.

21. In tali circostanze, gli assistenti sociali ritennero che non fosse più possibile continuare ad accogliere le due ricorrenti.

III. LA PROCEDURA DI ADOTTABILITÀ DELLA SECONDA RICORRENTE

A. La procedura dinanzi al tribunale per i minorenni di Brescia

22. Il 3 settembre 2015 il pubblico ministero chiese la sospensione della responsabilità genitoriale della prima ricorrente sulla seconda ricorrente, nonché l’avvio di una procedura di adozione e la collocazione di quest’ultima presso una famiglia affidataria.

23. Nella loro relazione del 1º ottobre 2015, i servizi sociali indicarono che la prima ricorrente frequentava altri uomini in presenza della minore. Affermavano che la seconda ricorrente avrebbe «più volte simulato amplessi» e avrebbe raccontato ad altri bambini che «tanti uomini brutti bevono il latte dal seno della mamma». Inoltre, sottolineavano che «la [prima ricorrente] aveva deliberatamente scelto (in autonomia e senza confrontarsi con gli operatori) di togliere la spirale, con il presunto intento di rimanere incinta». Essi sostenevano che tale comportamento denotava l’incapacità della prima ricorrente di pianificare progetti sani, in quanto non si preoccupava di sapere se avrebbe avuto realmente la possibilità di garantire al suo futuro figlio le condizioni minime per lo sviluppo e la crescita. I servizi sociali concludevano che per la prima ricorrente era impossibile recuperare le sue capacità genitoriali.

24. Il 2 ottobre 2015, un’operatrice della struttura fu sentita dal giudice. Essa ribadì gli argomenti contenuti nella relazione del 1º ottobre.

25. Il 9 novembre 2015 gli assistenti sociali della struttura trasmisero al tribunale un aggiornamento della relazione. Essi affermavano che la prima ricorrente aveva un comportamento normale e che la sua condotta era priva di criticità. Secondo la relazione, la ricorrente aveva informato la coordinatrice della struttura della sua intenzione di trovare un alloggio con il suo compagno e di volerlo sposare. La seconda ricorrente sembrava «serena, [aveva] un linguaggio ben sviluppato e [aveva] la capacità di relazionarsi con i pari».

26. Il 23 novembre 2015 il tribunale fu informato con urgenza che la seconda ricorrente aveva detto a un educatore che le facevano male le sue parti intime perché «M. [un adulto] le aveva messo dentro dei soldini».

27. Il tribunale sentì personalmente i genitori e un operatore della struttura. Nel corso di tali audizioni, la prima ricorrente negò gli addebiti che le venivano rivolti sul suo comportamento sessuale, e invocò la sua libertà di scegliersi il compagno.

28. Nelle sue memorie difensive, la prima ricorrente contestava le accuse a suo carico, che riguardavano la propria vita affettiva, e negava che la seconda ricorrente fosse stata esposta a situazioni pericolose. Inoltre, precisava che le sue prime due figlie erano nate dall’unione con il suo primo marito nell’ambito di un progetto familiare ben consolidato, e che erano affidate ai loro nonni. Inoltre, spiegava che con entrambe manteneva contatti regolari, partecipava economicamente alla loro educazione e sperava, in futuro, di poter ricomporre tutta la famiglia. La ricorrente indicava anche che aveva un contratto di lavoro a tempo indeterminato, che si era impegnata molto nella ricerca di un lavoro, e che, per quanto riguarda la cura della bambina durante l’orario di lavoro, aveva chiesto aiuto ai servizi sociali per trovare una soluzione. Infine, la ricorrente spiegava di esseri rivolta a una coppia di amici di nazionalità egiziana che la seconda ricorrente chiamava nonni e che l’avevano sempre aiutata in momenti di difficoltà.

29. La ricorrente sottolineava anche che esisteva un forte legame affettivo tra lei e sua figlia, che era sempre stato confermato in tutte le relazioni redatte dalla struttura e dai servizi sociali, e sottolineava che sua figlia era in buona salute e ben integrata nella scuola e nella struttura. Indicava di avere buone abitudini alimentari sebbene seguisse anche le tradizioni culinarie cubane.

30. Infine, la ricorrente sottolineava l’incongruenza e la lacunosità delle relazioni dei servizi sociali e chiedeva che il tribunale ordinasse d’ufficio l’espletamento di una perizia per verificare le sue capacità genitoriali e lo stato di salute psichica di sua figlia.

31. Il curatore della seconda ricorrente chiese di dichiarare il non luogo a provvedere sulla domanda di dichiarazione dello stato di adottabilità.

32. Con una sentenza immediatamente esecutiva del 15 dicembre 2015, il tribunale dichiarò lo stato di adottabilità della seconda ricorrente. Pertanto, sospese la responsabilità genitoriale di entrambi i genitori e dispose l’affidamento pre-adottivo della minore a una coppia. Il tribunale sospese anche gli incontri tra la bambina e i suoi genitori e, in particolare, indicò che l’interruzione del rapporto tra le due ricorrenti avrebbe dovuto essere graduale.

33. Il tribunale fondò la sua valutazione facendo riferimento alle diverse relazioni redatte dagli assistenti sociali della struttura e dai servizi sociali. Ritenne che la prima ricorrente non fosse in grado di recuperare le sue capacità genitoriali in quanto: 1) aveva avuto altre due figlie «di cui non si occupa da anni (..) e che non sono presenti nella sua mente dal momento che non parla quasi mai di loro»; 2) aveva uno stile di vita instabile, dimostrato, secondo il tribunale, dal fatto che aveva «cambiato località ripetutamente, si è mantenuta svolgendo lavori occasionali, si è legata a un uomo che la maltrattava» e che aveva «deciso di concepire un figlio con un uomo appena conosciuto»; 3) aveva messo in secondo piano le esigenze della figlia, dal momento che «ha avviato relazioni sentimentali con diversi uomini ed è rimasta incinta»; 4) non concentrava la sua attenzione su sua figlia dato che «nell’estate 2015, in una giornata caldissima, era uscita con la figlioletta nell’orario più caldo», che «sta sempre al cellulare», che «raramente gioca con la bambina» e che quest’ultima sembrava «senza regole, mangia muovendosi in piedi, dorme poco di notte» e «mangia quello che vuole a qualsiasi orario». Era vero che le due ricorrenti erano legate da un forte legame affettivo, ma la prima ricorrente riusciva difficilmente a concentrarsi sui bisogni più profondi della figlia.

34. Il tribunale fece riferimento anche al comportamento sessualizzato della minore. Tuttavia, su questo punto, pur sottolineando che tale comportamento era preoccupante «poiché sembrava far ipotizzare atti sessuali diretti sulla bambina», il tribunale non ritenne comunque necessario ordinare d’ufficio l’espletamento di una perizia.

35. Il tribunale considerò che la situazione era irreversibile e che lo stile di vita della prima ricorrente era instabile. Pertanto, dichiarò che la seconda ricorrente era adottabile.

36. Il 30 dicembre 2015 le due ricorrenti furono separate.

B. Il procedimento dinanzi alla corte d’appello di Brescia

37. Il 10 marzo 2016 la prima ricorrente interpose appello contro questa sentenza.

38. La prima ricorrente reiterò la sua richiesta di una perizia in quanto tale mezzo di prova era indispensabile per verificare le sue capacità genitoriali e per valutare lo stato di salute psichica della seconda ricorrente. A tale proposito, sottolineò che questa valutazione era necessaria tenuto conto delle considerazioni del tribunale in merito al comportamento sessualizzato che la minore avrebbe sviluppato.

39. La prima ricorrente chiese anche di poter incontrare sua figlia lamentando che aveva potuto vederla una sola volta.

40. Con sentenza del 1° luglio 2016, la corte d’appello di Brescia respinse l’appello dell’interessata e confermò la sentenza del tribunale.

41. Per quanto riguarda la richiesta di perizia, la corte d’appello constatò che vi era stato un lungo periodo di osservazione da parte degli operatori sociali e che il tribunale aveva basato la propria decisione non soltanto sulle conclusioni delle relazioni dei servizi sociali ma anche su un’istruzione preliminare autonoma e completa che aveva condotto.

42. Inoltre, la corte d’appello sottolineò che, anche se è possibile prevedere, come nel caso di specie, che le capacità genitoriali possano essere recuperate in futuro, quando ciò richiede troppo tempo e troppi sforzi, è preferibile, nell’interesse del minore, procedere alla dichiarazione di adottabilità.

C. Il procedimento dinanzi alla Corte di cassazione

43. Il 30 settembre 2016 la prima ricorrente propose ricorso per cassazione. In particolare, lamentava la violazione dell’articolo 15 della legge n. 184 del 1983 e dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo a causa dell’omesso espletamento della perizia richiesta. Inoltre, la prima ricorrente sostenne che la dichiarazione dello stato di abbandono di sua figlia non aveva una base legale, e che la valutazione delle sue capacità genitoriali era erronea.

44. Il 17 ottobre 2016 la causa fu assegnata alla sesta sezione, una sezione filtro competente per trattare, mediante procedura scritta e semplificata in camera di consiglio, le richieste che formano oggetto di una giurisprudenza consolidata. Il relatore dell’epoca chiese di accogliere i motivi di ricorso della ricorrente e di trattare la causa in camera di consiglio.

45. Il 10 gennaio 2018, il presidente della sezione chiese di trattare la causa seguendo la proposta del relatore.

46. Il tutore della bambina chiese che si svolgesse un’udienza pubblica.

47. Il 5 marzo 2018 la Corte di cassazione decise che la causa doveva essere trattata con una procedura non semplificata, tenendo un’udienza pubblica davanti a una sezione ordinaria. Pertanto, il relatore fu cambiato.

48. All’udienza del 12 febbraio 2019, il procuratore generale chiese l’annullamento della sentenza della corte d’appello.

49. Con sentenza del 12 febbraio 2019, depositata in cancelleria il 7 maggio 2019, la Corte di cassazione respinse il ricorso, ritenendo che la sentenza dichiarativa dello stato di adottabilità, anche se non teneva conto della richiesta di una perizia sulle capacità genitoriali, non fosse contraria alla legge, dal momento che non vi era stato una «mancanza assoluta di motivazione» della sentenza in questione. Nel caso di specie, i giudici non avevano accolto la richiesta di espletamento di una perizia considerando che vi era stato un «lungo periodo di osservazione delle condotte dei genitori», che la motivazione aveva un «carattere autonomo» e si era basata su un’istruttoria completa.

IL QUADRO GIURIDICO

50. Il diritto e la prassi interni pertinenti e internazionali sono riportati nella sentenza A.I. c. Italia, n. 70896/17, § 43-58, 1° aprile 2021.

51. Il 25 novembre 2021, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge 1. che prevede una delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata.
La legge prevede l’istituzione di un nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Questo tribunale sarà composto dalla sezione distrettuale, costituita presso ciascuna sede di corte d’appello, e dalle sezioni circondariali costituite presso ogni sede di tribunale ordinario. La delega prevede delle disposizioni relative alla ripartizione del personale giudiziario (professionisti e non professionisti).
Il Governo introdurrà anche delle disposizioni specifiche relative a: l’attività professionale del mediatore familiare; la nomina di un professionista dotato di competenze specifiche in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi nel nucleo familiare e la regolamentazione della consulenza tecnica psicologica; la regolamentazione delle modalità di nomina del curatore speciale del minore, la riorganizzazione delle disposizioni relative all’audizione del minore; la nomina del tutore del minore, anche d’ufficio, nel corso e all’esito dei procedimenti pendenti sulla responsabilità genitoriale.
Alcune puntuali disposizioni mirano a regolamentare l’intervento dei servizi socio-assistenziali o sanitari, in funzione di monitoraggio, controllo e accertamento delle situazioni che coinvolgono i minori. La delega di poteri al Governo riguarda anche la revisione delle regole relative alle misure di protezione e di affidamento dei minori, per quanto riguarda i motivi di incompatibilità con la designazione di un esperto tecnico nominato dal tribunale e l’esercizio delle funzioni di un lavoratore sociale, nonché le incompatibilità per i giudici onorari e per quel che riguarda l’introduzione del divieto di affidamento dei minori ad alcune categorie di persone.

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

52. Le ricorrenti sostengono che i motivi addotti dai giudici interni per dichiarare lo stato di adottabilità della seconda ricorrente non corrispondevano alle circostanze «del tutto eccezionali» che possono giustificare una rottura del legame familiare. Inoltre, le stesse sostengono che le autorità italiane non hanno ottemperato ai loro obblighi positivi definiti dalla giurisprudenza della Corte, e che non hanno adottato tutte le misure che si potevano ragionevolmente esigere da esse in modo da mantenere i legami tra le due ricorrenti e garantire un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco, tenuto conto, in particolare, del fatto che non è stato disposto l’espletamento di alcuna perizia sullo stato psicologico delle due ricorrenti. Queste ultime invocano l’articolo 8 della Convenzione, così formulato:

«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»

A. Sulla ricevibilità

53. Constatando che il ricorso non è manifestamente infondato, né irricevibile per uno degli altri motivi di cui all’articolo 35 della Convenzione, la Corte lo dichiara ricevibile.

B. Sul merito

1. Argomenti delle parti

a) Le ricorrenti

54. Le ricorrenti ritengono che, contrariamente alla giurisprudenza della Corte, le autorità nazionali non abbiano adottato tutte le misure necessarie e adeguate affinché la minore possa condurre una vita familiare normale con la propria madre.

55. Le ricorrenti sottolineano che, per circa due anni e mezzo, le capacità genitoriali della prima ricorrente sono sempre state valutate positivamente. Invece a partire dal 2015, in seguito ad alcune relazioni che riportavano delle valutazioni negative, e in soli sei mesi, la procedura di adottabilità, avviata il 3 settembre 2015, si è conclusa il 15 dicembre 2015.

56. Le ricorrenti ritengono che il tribunale abbia adottato un misura drastica, quando invece le difficoltà educative incontrate dalla prima ricorrente erano temporanee e avrebbero potuto essere risolte in modo adeguato prevedendo delle azioni mirate di sostegno ai genitori. Le autorità non avrebbero preso in considerazione lo stato di vulnerabilità in cui si trovavano le due ricorrenti nel momento in cui la prima ricorrente ha chiesto aiuto ai servizi sociali.

57. Infine, esse sostengono che la rottura del legame madre-figlia non è stata graduale e ha causato alla bambina un trauma profondo e un dolore immenso totalmente ingiustificati.

58. Esse ritengono che i motivi addotti dai giudici interni per dichiarare l’adottabilità della seconda ricorrente non corrispondano alle circostanze «del tutto eccezionali» che possono giustificare la rottura del legame tra madre e figlia. In effetti, i giudici interni avrebbero essenzialmente fondato le loro decisioni di dichiarare la minore adottabile sui seguenti elementi: a) delle carenze educative superficiali attribuite alla prima ricorrente, senza che le sue capacità genitoriali fossero valutate da un esperto incaricato dal tribunale; b) l’affettività dell’interessata, considerata disordinata, senza che fosse attuato un programma di aiuto per sostenerla; c) il comportamento sessualizzato della seconda ricorrente; senza che questo aspetto fosse approfondito mediante una perizia.

59. Le ricorrenti sostengono che le autorità non hanno adottato le misure appropriate che avrebbero consentito di preservare il legame familiare e di favorirne lo sviluppo, e si sono limitate a prendere in considerazione l’esistenza di difficoltà che avrebbero potuto essere superate mediante un’assistenza sociale mirata.

60. Le ricorrenti sostengono che la presente causa è simile al caso Akinnibosun c. Italia (9056/14, 16 luglio 2015), in quanto i giudici interni hanno respinto la domanda di perizia sulle capacità genitoriali della prima ricorrente e sullo stato di salute psichica della figlia, fondando le loro decisioni esclusivamente sulle relazioni dei servizi sociali.

61. Inoltre, esse rilevano che queste relazioni non si basavano sempre su un’osservazione diretta della situazione da parte degli esperti, ma si riferivano in gran parte alle affermazioni degli operatori sociali della struttura e ad alcune dichiarazioni di terzi la cui affidabilità non è mai stata valutata. Sebbene la corte d’appello e la Corte di cassazione abbiano ritenuto che il tribunale avesse svolto un’indagine completa e autonoma, le ricorrenti sottolineano che quest’ultimo si è limitato a sentire i genitori e un operatore sociale, e a raccogliere tutte le relazioni redatte tra ottobre e dicembre 2015.

62. Le ricorrenti sostengono che i giudici interni non hanno valutato se la dichiarazione di adottabilità fosse giustificata da circostanze serie, e non hanno previsto misure meno radicali dell’adozione per evitare l’allontanamento definitivo e irreversibile della figlia da sua madre.

b) Il Governo

63. Il Governo ritiene che le ricorrenti rimettano in discussione le decisioni adottate dai giudici interni, e che ciò equivarrebbe a un quarto grado di giudizio.

64. Nella fattispecie, le decisioni dei giudici sono state precedute da un lungo percorso di sostegno alla genitorialità realizzato con la prima ricorrente e predisposto dai servizi sociali. L’interessata, infatti, è stata dichiarata incapace di provvedere al corretto sviluppo di sua figlia. La stessa non ha mai convinto i diversi operatori sociali che avrebbe potuto modificare il proprio atteggiamento in maniera positiva nel prendersi carico della minore. La ricorrente non ha mai offerto a quest’ultima una stabilità e una protezione che le avrebbero permesso una crescita serena. Al contrario, la ricorrente ha inizialmente difeso la propria relazione con il padre della bambina nonostante le sue abitudini violente e il suo consumo di droga, nocive per la minore. Successivamente, ha avuto dei rapporti sessuali ambigui senza preoccuparsi di instaurare dei legami affettivi stabili con sua figlia e di rispondere ai suoi bisogni materiali. Il Governo rammenta che la bambina, che era stata già testimone di violenze domestiche, aveva anche assistito agli incontri sessuali di sua madre.

65. Il Governo rammenta che, poiché la prognosi sulle capacità genitoriali era negativa, i giudici hanno ritenuto che, anche se era possibile che la ricorrente recuperasse le sue capacità genitoriali, ciò avrebbe richiesto del tempo, il che non era compatibile con lo sviluppo psicofisico della minore.

66. Per quanto riguarda la decisione di non disporre ufficialmente una CTU, il Governo spiega che, conformemente ai principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte di cassazione ben consolidata in materia, il tribunale e la corte d’appello hanno basato le loro decisioni su numerosi elementi di prova che hanno dimostrato lo stato di trascuratezza in cui si trovava la bambina.

67. In effetti, tra il 2013 e il 2015, almeno venti relazioni dei servizi sociali attestavano che la prima ricorrente non era idonea a essere madre, che non sembrava essere in grado di occuparsi di sua figlia, la quale si trovava in situazione di abbandono, e che era incapace di pianificare un progetto di vita. Inoltre, il Governo rammenta che il giudice istruttore ha condotto personalmente un’indagine specifica e autonoma su tutti gli elementi del fascicolo.

68. Tenuto conto delle conclusioni formulate dopo un lungo periodo di osservazione, condotta sia da parte dei servizi sociali che da parte degli operatori sociali incaricati dal tribunale, la dichiarazione di adottabilità era, nell’interesse superiore della minore, l’unica soluzione per non metterla in pericolo.

69. Per quanto riguarda il fatto che le giurisdizioni non hanno ordinato che fosse effettuata una perizia sulle capacità genitoriali della madre e sullo stato di salute psichico della minore, il Governo rammenta che «procedere a una valutazione psicologica della bambina (molto giovane e già «segnata» da esperienze negative in quel momento) avrebbe potuto avere conseguenze profonde sulla sua salute e avrebbe potuto aggravare la sua situazione facendole rivivere la violenza, gli abusi sessuali e altri eventi di cui era stata testimone». Il Governo ritiene dunque che la sola analisi dei documenti redatti dai servizi sociali ha evitato alla minore di subire danni legati a una «vittimizzazione secondaria».

2. Valutazione della Corte

a) Ingerenza, legalità e scopo legittimo

70. La Corte rammenta che, per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita familiare e che delle misure interne che lo impediscano costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’articolo 8 della Convenzione (si vedano, tra altre, K. e T. c. Finlandia [GC], n. 25702/94, § 151, CEDU 2001 VII, e Barnea e Caldararu c. Italia, n. 37931/15, § 63, 20 giugno 2017). Tale ingerenza viola l’articolo 8 a meno che non sia «prevista dalla legge», non persegua uno o più scopi legittimi in riferimento al paragrafo 2 dell’articolo 8, e non possa essere considerata una misura «necessaria in una società democratica».

71. La Corte considera accertato in maniera inequivocabile, e le parti non lo contestano, che le decisioni controverse pronunciate nel corso del procedimento dinanzi agli organi giudiziari costituiscono un’ingerenza nell’esercizio da parte della ricorrente del suo diritto al rispetto della vita familiare sancito dal primo paragrafo dell’articolo 8 della Convenzione.

72. Inoltre, non è contestato nemmeno il fatto che tali decisioni fossero previste dalla legge, ossia la legge sull’adozione, come modificata dalla legge n. 149 del 2001, e che perseguissero degli scopi legittimi, quali la «protezione della salute o della morale» e «dei diritti e delle libertà» di due minori. La Corte non vede alcun motivo per pronunciarsi diversamente. Questa ingerenza soddisfaceva pertanto due dei tre requisiti che permettono, in riferimento al secondo paragrafo dell’articolo 8, di considerarla giustificata. Nella fattispecie, la controversia verte sul terzo requisito, ossia sulla questione se l’ingerenza fosse «necessaria in una società democratica».

b) Proporzionalità

i. Principi generali

73. I principi generali applicabili sono chiaramente stabiliti nella giurisprudenza della Corte, e sono stati esposti dettagliatamente nella sentenza Strand Lobben e altri c. Norvegia ([GC], n. 37283/13, §§ 202-213, 10 settembre 2019) alla quale si fa riferimento in questa causa. Ai fini della presente analisi, la Corte rammenta che, in caso di separazione, l’unità familiare e il ricongiungimento familiare costituiscono delle considerazioni inerenti al diritto al rispetto della vita privata e familiare sancito dall’articolo 8 della Convenzione. Di conseguenza, qualsiasi autorità pubblica che ordini una presa in carico avente l’effetto di limitare la vita familiare ha l’obbligo positivo di adottare delle misure volte ad agevolare il ricongiungimento della famiglia non appena ciò sia realmente possibile. Inoltre, qualsiasi atto di esecuzione della presa in carico temporanea deve essere coerente con uno scopo ultimo: unire nuovamente il genitore consanguineo e il figlio. L’obbligo positivo di adottare delle misure allo scopo di agevolare la riunione della famiglia appena ciò sia realmente possibile si impone alle autorità competenti fin dall’inizio del periodo di presa in carico e con forza sempre maggiore, ma deve essere sempre bilanciato con il dovere di considerare l’interesse superiore del minore. Inoltre, i legami tra i familiari e le chance di ricongiungimento con esito positivo saranno per forza di cose indeboliti se si pongono degli ostacoli che impediscono incontri facili e regolari tra gli interessati (Strand Lobben e altri, sopra citata, §§ 205 e 208).

74. La Corte rammenta anche che, qualora gli interessi del minore e quelli dei suoi genitori siano in conflitto, l’articolo 8 esige che le autorità nazionali garantiscano un giusto equilibrio tra tutti questi interessi e che, nel farlo, attribuiscano una particolare importanza all’interesse superiore del minore che, a seconda della sua natura e complessità, può prevalere su quello dei genitori. Per di più, solo delle «circostanze del tutto eccezionali» possono portare a una rottura del legame familiare (ibidem, §§ 206-207).

75. La Corte rammenta inoltre che il margine di apprezzamento lasciato alle autorità nazionali competenti varierà dunque a seconda della natura delle questioni dibattute e della gravità degli interessi in gioco come, da una parte, l’importanza di proteggere un minore in una situazione ritenuta molto pericolosa per la sua salute o il suo sviluppo e, dall’altra, l’obiettivo di riunire la famiglia appena le circostanze lo permetteranno. Pertanto, la Corte riconosce che le autorità nazionali godono di un ampio margine di manovra per valutare la necessità di prendere in carico un minore (ibidem, § 211).

76. Secondo la Corte, è invece necessario esercitare un «controllo più rigoroso» sia sulle restrizioni supplementari, come quelle applicate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, sia sulle garanzie destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare. Tali restrizioni supplementari comportano infatti il rischio di troncare di fatto le relazioni familiari tra i genitori e un figlio in giovane età (ibidem, § 211).

ii. Applicazione dei principi sopra menzionati nel caso di specie

77. La Corte osserva che, per procedere alla dichiarazione dello stato di adottabilità della seconda ricorrente, i giudici interni si sono basati sulle relazioni dei servizi sociali e dei responsabili della struttura di accoglienza, nonché sulle audizioni delle parti effettuate dal giudice. La corte d’appello e la Corte di cassazione hanno considerato che il tribunale avesse condotto un’indagine completa ed approfondita.

78. La Corte rileva che i giudici hanno ritenuto che la prima ricorrente non avesse capacità genitoriali a causa del suo comportamento: quest’ultima aveva già due figli di cui non si occupava, aveva uno stile di vita instabile, in quanto aveva «cambiato ripetutamente località, e si è legata a un uomo che la maltrattava», e infine che aveva «avviato relazioni sentimentali con diversi uomini (come rilevato dagli operatori sociali della struttura) e aveva deciso di concepire un figlio con un uomo appena conosciuto». Il tribunale e la corte d’appello hanno ritenuto che l’interessata non fosse in grado di prendersi cura di sua figlia in quanto l’aveva fatta uscire nell’orario più caldo in una giornata caldissima, e in quanto la bambina era senza regole e «mangiava quello che voleva a qualsiasi orario». Per di più, i comportamenti sessualizzati della bambina, che erano stati osservati dai responsabili della struttura, erano preoccupanti, «dal momento, che sembrerebbero far ipotizzare atti sessuali diretti sulla bambina o un’esposizione di quest’ultima agli atti sessuali compiuti dalla prima ricorrente», come era stato riferito da un ragazzo che viveva nella struttura.

79. Inoltre, la Corte osserva che, nella sua sentenza, la corte d’appello aveva stabilito, che anche nei casi in cui si poteva prevedere un recupero delle capacità genitoriali, quando ciò richiedeva troppo tempo e troppi sforzi era preferibile, nell’interesse del minore, procedere alla dichiarazione dello stato di adottabilità.

80. La Corte rammenta che il fatto che un minore possa essere accolto in un ambiente più favorevole alla sua educazione non può, di per sé, giustificare che venga sottratto in modo coercitivo alle cure dei suoi genitori biologici; un’ingerenza simile nel diritto dei genitori, riconosciuto dall’articolo 8 della Convenzione, di godere di una vita familiare con il proprio figlio, deve risultare anche «necessaria» per altre circostanze (K. e T. c. Finlandia, sopra citata, § 173).

81. La Corte osserva che, a differenza della maggior parte delle cause che ha avuto occasione di esaminare, nel caso di specie non è stato dimostrato che la bambina fosse stata esposta a situazioni di violenza o di maltrattamento (si vedano, a contrario, Dewinne c. Belgio (dec.), n. 56024/00, 10 marzo 2005; Zakharova c. Francia (dec.), n. 57306/00, 13 dicembre 2005), né ad abusi sessuali comprovati (si veda, a contrario, Covezzi e Morselli c. Italia, n. 52763/99, § 104, 9 maggio 2003). Nella presente causa i tribunali non hanno nemmeno accertato delle carenze affettive (si veda, a contrario, Kutzner, sopra citata, § 68), o uno stato di salute preoccupante o uno squilibrio psichico nei genitori (si vedano, a contrario, Bertrand c. Francia (dec.), n. 57376/00, 19 febbraio 2002, Couillard Maugery c. Francia, n. 64796/01, § 261, 1° luglio 2004).

82. La Corte dubita dell’adeguatezza degli elementi sui quali le autorità si sono basate per concludere che la prima ricorrente non era in grado di esercitare il suo ruolo genitoriale e che era priva di capacità genitoriali.

83. La Corte osserva che la decisione di rompere il legame familiare non è stata preceduta da una valutazione seria e scrupolosa della capacità della prima ricorrente di esercitare il suo ruolo di genitore, e in particolare da nessuna perizia psicologica, e che non è stato fatto alcun tentativo di salvaguardare il legame. Le autorità non si sono sforzate adeguatamente nemmeno di preservare i legami familiari tra l’interessata e sua figlia e favorirne lo sviluppo. Le autorità giudiziarie si sono limitate a prendere in considerazione l’esistenza di alcune difficoltà, quando invece queste difficoltà avrebbero potuto, con ogni probabilità, essere superate per mezzo di un’assistenza sociale mirata. Alla prima ricorrente non è stata data alcuna possibilità di riallacciare i legami con sua figlia: infatti, non è stata richiesta alcuna perizia per valutare le sue competenze genitoriali o il suo profilo psicologico. Per quanto riguarda la seconda ricorrente, i giudici non hanno ritenuto necessario verificare, per mezzo di una perizia, se le presunte molestie sessuali alle quali i servizi sociali facevano riferimento nelle loro relazioni, a seguito delle testimonianze indirette, fossero realmente avvenute, o almeno segnalare la situazione che ritenevano «preoccupante» al procuratore presso il tribunale per i minorenni. A tale riguardo, la Corte osserva che il Governo si riferisce alla seconda ricorrente considerandola «vittima» di abusi sessuali, mentre non è stato mai condotto alcun procedimento penale per indagare sulle affermazioni dei servizi sociali.

84. La Corte non perde di vista il fatto che, anche se spetta in linea di principio alle autorità interne pronunciarsi sulla necessità delle perizie (si veda, per esempio, Sommerfeld c. Germania [GC], n. 31871/96, § 71, CEDU 2003 VIII), essa ritiene che, nel caso di specie, sebbene fossero disponibili soluzioni meno radicali, i giudici interni hanno comunque deciso di procedere alla dichiarazione dello stato di adottabilità della seconda ricorrente, provocando in tal modo l’allontanamento definitivo e irreversibile da sua madre (Akinnibosun, sopra citata, § 83, e S.H. c. Italia, n. 52557/14, § 56, 13 ottobre 2015).

85. Ora, la Corte ha già rammentato (A.I. c. Italia, n. 70896/17, § 100, 1° aprile 2021) che, – nell’ambito delle giurisdizioni specializzate, composte da magistrati professionisti e da magistrati non professionisti – deve essere data la preferenza a un sistema in cui il giudice nomina un perito o in cui le parti possono esse stesse chiamare a far testimoniare dei periti le cui constatazioni e conclusioni possano essere contestate e dibattute tra le parti dinanzi al giudice. Nella presente causa, poiché i giudici interni non hanno disposto d’ufficio l’espletamento di una perizia sulle capacità genitoriali della prima ricorrente, sul legame affettivo tra le due ricorrenti, nonché sullo stato psicologico della minore, la prima ricorrente è stata privata della possibilità di discutere e contestare le conclusioni dei servizi sociali e le accuse relative al presunto comportamento sessualizzato della seconda ricorrente.

86. Senza fare delle ipotesi su quale sarebbe stato l’esito del procedimento di adottabilità se fosse stata condotta una perizia, la Corte è del parere che, in una causa di questo tipo, sarebbe stato auspicabile, prima di procedere alla dichiarazione di adottabilità, che le giurisdizioni ordinassero una perizia volta a valutare le capacità genitoriali della madre, il funzionamento psicologico e le necessità evolutive della minore (facendo anche riferimento al comportamento sessualizzato di quest’ultima, ritenuto preoccupante dalle autorità), nonché la capacità funzionale della madre di rispondere a tali necessità. Nel caso di specie, non è stata disposta alcuna perizia di questo tipo, nonostante le domande della prima ricorrente in tal senso, in quanto i giudici ritenevano che le relazioni dei servizi sociali e della struttura di accoglienza, nonché le audizioni condotte dal tribunale, fossero sufficienti. La Corte non comprende in che modo una perizia avrebbe potuto essere pericolosa per la bambina, portando a una vittimizzazione secondaria, come afferma il Governo nelle sue osservazioni.

87.  Del resto, la Corte osserva che lo svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione (paragrafi 47-49 supra), tenuto conto delle diverse posizioni dei due giudici relatori e del procuratore generale, dimostra che in questa causa sarebbe stato auspicabile disporre una perizia.

88. Inoltre, la Corte rileva vari passaggi nelle relazioni dei servizi sociali, riprese in parte dai giudici interni, che citano la vita intima della prima ricorrente, le sue scelte rispetto al concepimento dei suoi figli e la sua vita sessuale. Essa ritiene, in particolare, che siano ingiustificate le valutazioni negative fatte sul comportamento sessuale dell’interessata, sulla sua scelta di togliersi la spirale senza il permesso dei servizi sociali e di concepire un figlio. Secondo la Corte, queste argomentazioni e considerazioni non erano determinanti per valutare le sue capacità genitoriali.

89. La Corte osserva che non è stato indicato alcun motivo, ad eccezione di quello relativo al tempo necessario che sarebbe servito alla prima ricorrente per recuperare le sue capacità genitoriali, per spiegare per quale motivo una misura così radicale, ossia la dichiarazione di adottabilità, era negli interessi della minore, né per quale motivo delle considerazioni importanti relative al suo sviluppo potevano giustificare una tale misura. Inoltre, non è stato fatto alcun tentativo per valutare l’efficacia di misure alternative meno cariche di conseguenze prima che i giudici decidessero di rompere i legami tra la ricorrente e sua figlia dichiarando lo stato di adottabilità di quest’ultima.

90. Nella fattispecie, la Corte ritiene che la necessità, che era fondamentale, di preservare quanto più possibile il legame tra la ricorrente e sua figlia non sia stata sta debitamente presa in considerazione – sapendo che l’interessata si trovava peraltro in situazione di vulnerabilità, considerate le violenze domestiche che aveva subìto e l’aiuto che aveva chiesto ai servizi sociali per proteggere sua figlia.

91. Alla luce di quanto sopra esposto, e dopo aver analizzato in maniera approfondita le osservazioni delle parti e la giurisprudenza pertinente, la Corte ritiene che i motivi invocati dai giudici interni fossero insufficienti per giustificare la dichiarazione di adottabilità della seconda ricorrente. Le autorità interne non hanno dimostrato in maniera convincente che, sebbene esistessero soluzioni meno radicali, la misura contestata costituiva l’opzione più appropriata corrispondente all’interesse superiore della minore. Nonostante il margine di apprezzamento delle autorità interne, l’ingerenza nella vita familiare della ricorrente non era dunque proporzionata allo scopo legittimo perseguito. La Corte ritiene, inoltre, che la procedura in causa non abbia presentato garanzie proporzionate alla gravità dell’ingerenza e degli interessi in gioco. Di conseguenza, essa conclude che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

II. SULL’APPLICAZIONE DEGLI ARTICOLI 41 E 46 DELLA CONVENZIONE

92. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

93. Ai sensi dell’articolo 46 della Convenzione,

«1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti.

(…)

5. Se la Corte constata una violazione del paragrafo 1, rinvia il caso al Comitato dei Ministri affinché questo esamini le misure da adottare (…)»

A. Danno e misure individuali

94. Le ricorrenti chiedono alla Corte di indicare al Governo di adottare una misura individuale per eliminare le conseguenze della violazione dell’articolo 8 della Convenzione e preservare il legame familiare tra loro.

95. Le ricorrenti rilevano che, nell’esecuzione delle cause simili Zhou c. Italia (n. 33773/11, 21 gennaio 2014), S.H. c. Italia (n. 52557/14, 13 ottobre 2015), Akinnibosun c. Italia (n. 9056/14, 16 luglio 2015), e Barnea e Caldararu c. Italia (n. 37931/15, 20 giugno 2017), non è stata prevista alcuna misura individuale in quanto i minori, nel frattempo, erano stati adottati.

96. La prima ricorrente chiede anche alla Corte di accordarle un’equa soddisfazione conformemente ai principi stabiliti nell’articolo 41 della Convenzione, in quanto ritiene di aver subìto un danno morale molto importante che non può essere riparato con la semplice constatazione di violazione della Convenzione.

97. Le ricorrenti affermano che la rottura del legame tra loro ha causato un dolore immenso alla prima ricorrente, che richiede la somma di 100.000 euro (EUR) per danno morale, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta su tale somma.

98. Il Governo ritiene che la richiesta delle ricorrenti sia assolutamente sproporzionata, e dunque infondata. In particolare, la prima ricorrente non ha fornito alcuna prova per quanto riguarda il danno che ritiene di avere subìto, e non ha nemmeno individuato i criteri di quantificazione della somma che potrebbe esserle versata in riparazione del danno.

99. Per quanto riguarda la domanda della prima ricorrente di riprendere i contatti con la seconda ricorrente, la Corte ritiene, nelle circostanze particolari del caso, che non sia suo compito accogliere, in quanto tale, questa pretesa. Essa rammenta che lo Stato convenuto resta libero, in linea di principio, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, di scegliere i mezzi per adempiere ai propri obblighi ai sensi dell’articolo 46 § 1 della Convenzione, purché tali mezzi siano compatibili con le conclusioni contenute nella sentenza della Corte (Scozzari e Giunta c. Italia [GC], nn. 39221/98 e 41963/98, § 249 CEDU 2000 VIII, Verein gegen Tierfabriken Schweiz (VgT) c. Svizzera (n. 2) [GC], n. 32772/02, § 88, 30 giugno 2009, Ferré Gisbert c. Spagna, n. 39590/05, § 46, 13 ottobre 2009, e Bondavalli c. Italia, n. 35532/12, § 91, 17 novembre 2015). La Corte fa riferimento in ogni caso alle esigenze menzionate nei paragrafi 88-89 supra.

100. Tuttavia, considerate le circostanze particolari della presente causa, il fatto che la procedura di adozione non si è ancora conclusa e la necessità urgente di porre fine alla violazione del diritto delle ricorrenti al rispetto della loro vita familiare, la Corte invita le autorità interne a riesaminare, entro breve termine, la situazione delle due ricorrenti alla luce della presente sentenza, a prevedere la possibilità di stabilire un qualsiasi contatto tra loro tenendo conto della situazione attuale della minore e del suo interesse superiore, e ad adottare qualsiasi altra misura appropriata conformemente a quest’ultimo (Soares de Melo c. Portogallo, n. 72850/14, § 130, 16 febbraio 2016, Ageyevy c. Russia, n. 7075/10, § 244, 18 aprile 2013, Haddad c. Spagna, n. 16572/17, § 79, 18 giugno 2019).

101. La Corte ritiene che la forma più appropriata di riparazione per una violazione dell’articolo 8 della Convenzione in un caso come quello presente, nel quale il processo decisionale condotto dai giudici interni ha portato alla dichiarazione dello stato di adottabilità della seconda ricorrente, consista nel fare in modo che le ricorrenti si ritrovino per quanto possibile nella situazione in cui si sarebbero trovate se tale disposizione non fosse stata violata (Omorefe c. Spagna, n. 69339/16, § 70, 23 giugno 2020).

102. Per quanto riguarda il danno morale, alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte ammette che le ricorrenti hanno subìto un danno morale che non può essere riparato dalla semplice constatazione di violazione dell’articolo 8 della Convenzione. Essa ritiene, tuttavia, che la somma richiesta a questo titolo sia eccessiva. Tenuto conto di tutti gli elementi di cui dispone, e deliberando in via equitativa, ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione, essa accorda alle ricorrenti la somma di 42.000 EUR.

B. Spese

103. Le ricorrenti chiedono la somma di 10.000 EUR per le spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte, e chiedono che tutte le somme che la Corte decida di accordare a questo titolo siano direttamente versate ai loro avvocati, che hanno già anticipato tali importi.

104. Il Governo non si è pronunciato su questo punto.

105. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti di cui dispone e dei criteri sopra menzionati, la Corte ritiene opportuno accordare alle ricorrenti congiuntamente la somma richiesta, ossia 10.000 EUR, per il procedimento dinanzi ad essa. Tali somme saranno versate sui conti bancari le cui coordinate saranno indicate dalle rappresentanti delle ricorrenti.

C. Interessi moratori

106. La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara che è auspicabile, tenuto conto delle circostanze particolari della presente causa e della necessità urgente di porre fine alla violazione del diritto delle ricorrenti al rispetto della loro vita familiare, che le autorità interne riesaminino, entro breve termine, la situazione delle ricorrenti alla luce della presente sentenza, e che adottino le misure appropriate nell’interesse superiore della minore;
  4. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare congiuntamente alle ricorrenti, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza diverrà definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme seguenti:
      1. 42.000 EUR (quarantaduemila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale,
      2. 10.000 EUR (diecimila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma dalle ricorrenti a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  5. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 20 gennaio 2022, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Péter Paczolay
Presidente

Renata Degener
Cancelliere

1

1https://temi.camera.it/leg18/provvedimento/riforma-del-processo-civile.html

 

Sito web della Camera dei Deputati